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CTH 716.1

Citatio: F. Fuscagni (ed.), hethiter.net/: CTH 716.1 (INTR 2012-03-05)

Rituale di evocazione per Ištar di Ninive celebrato dal ḪAL insieme ai LÚ.MEŠNAR (CTH 716.1)

Testimone

Edizione

Nr. Inv.

Luogo di ritrovamento

A

A1

KUB 15.35

Bo 895

--

+ Bo 9230

--

A2

+ KBo 2.9

Bo 12

--

B

B1

unpubl.

Bo 6885

--

B2

+ KBo 35.170

+ 228/u

T.I: L/19, aus altem Grabungsschutt.

C

C1

KBo 2.36

Bo 34

--

C2

(+?)1 KBo 44.193

(+?) 22/k

Bk. A: Bk. w/12, tiefere Lage der phryg. Schuttschicht

D

KBo 21.482

660/f

Bk. C: Bk. r/15-16. Hinter der südl. Stützmauer des Schachtes.

E

KBo 39.170

926/c

Bk. A: Gr. Geb., Raum 6, südl. Teil, Tablettenschutt.

Bibliografia

Sommer 1921, 85-102; Friedrich 1925, 21-22; Archi 1977, 298-304; Wegner 1981, 11, 52, 59, 155-156; Collins 1997, 164-165; Ofitsch 2001, 480-481.

Contenuto

Questo rituale è stato edito per la prima volta in Sommer 1921, 85-102, per poi essere riproposto in traduzione, pochi anni dopo e con diverse migliorie, in Friedrich 1925, 21-22. Successivamente Archi 1977, 298-304 ha fornito traduzione e traslitterazione di A. Ro I 47-67, con un esteso commento in cui vengono analizzati nel dettaglio i legami e i parallelismi con la tradizione letteraria mesopotamica contenuti nel passo in questione. Una recente traduzione dell'intero rituale (senza però alcun commento nè traslitterazione) è, infine, contenuta in Collins 1997, 164-165.

Il testo è un rituale di evocazione per Ištar di Ninive3, che presenta notevoli analogie formali e contenutistiche sia con CTH 484 sia, e soprattutto, con CTH 483. Purtroppo il pessimo stato di conservazione del rituale, per cui sono preservate in modo apprezzabile soltanto la prima e la quarta colonna4, non permette una valutazione globale dettagliata, anche se gli elementi caratteristici che accomunano CTH 716 a CTH 483 e CTH 484 sono comunque evidenziabili. A tal proposito si osservi come le procedure rituali siano per lo più le stesse: sorprendente è soprattutto la presenza della lunga lista di paesi da cui la dea viene evocata (A. Ro I 25 sgg.), che almeno nella prima metà è un duplicato pressochè esatto dell'analoga lista di paesi contenuta in CTH 4835. Occorre comunque osservare che in CTH 716 la sezione relativa alla preparazione della materia magica, che precede la preghiera di invocazione, appare un po' più concisa, in quanto copre soltanto 22 righe contro le 39 di CTH 483 e le 35 di CTH 484.

Si tenga, inoltre, presente che nella quarta colonna è conservata la parte finale dell'evocazione dalle sorgenti (A. Vo IV 1-10); sono, invece, conservate per intero l'evocazione dalla terra (A. Vo IV 11-18) e l'evocazione dal fuoco (A. Vo IV 19-21); si tratta in tutti e tre i casi di luoghi di evocazione già presenti in CTH 483 e in CTH 4846, anche se le procedure riportate presentano alcune varianti, dovute anzitutto al fatto che CTH 716 si presenta, ancora una volta, molto più conciso rispetto agli altri due rituali. Sempre nella quarta colonna sono inoltre presenti alcuni dei cosidetti Ritualtermini (A. Vo IV 24-25 dove abbiamo ḫariya ḫuwalziya e unalziya), che rappresentano una caratteristica comune dei rituali di evocazione7. È molto probabile che nelle parti perdute del rituale comparissero altri Ritualtermini analogamente a quanto avviene per gli altri rituali di evocazione.

Un ulteriore elemento di contatto con gli altri rituali di evocazione è infine rappresentato dalla presenza delle formule di augurio (cfr. A. Ro I 47-52, 61-62), pronunciate affinchè la divinità garantisca al re, alla regina e ai principi oltre che al paese di Hatti salute, benessere e prosperità. Si tratta di una serie di termini per lo più di difficile interpretazione, ma che rimandano comunque a un ambito luvio, i quali sono presenti in tutti i rituali di evocazione fin qui citati8.

Il sacerdote addetto alla celebrazione del rituale è il ḪAL, cosa che non stupisce dal momento che esso compare in altri testi che hanno come protagonista Ištar di Ninive, come per esempio il grande rituale festivo CTH 712, oppure i frammenti di festa KUB 10.27 (CTH 714.2 = ChS I/3-1 Nr. 37) e KUB 10.63 (CTH 715)9. Da tenere in considerazione è anche la presenza dei LÚ.MEŠNAR (cfr. A. Ro I 16-18, Vo IV 29-30) che partecipano attivamente allo svolgimento del rituale che, come nel caso del ḪAL, sono presenza costante all'interno dei testi relativi al culto di Ištar10.

Da mettere in evidenza è infine anche la presenza di altre due divinità all'interno del rituale, ovvero sia la Dea Sole della Terra (taknaš DUTU-uš) e gli dei antichi (karuiliyaš DINGIRMEŠ)11. Particolarmente interessante è, a tal proposito il passo in cui si ipotizza che Ištar di Ninive possa trovarsi insieme alla Dea Sole della Terra e agli dei antichi12, a volere sottolineare un legame tra le divinità13. Tuttavia, se da un lato la Dea Sole della Terra e gli dei antichi vengono spesso citati insieme, in quanto si tratta in entrambi i casi di divinità ctonie, dall'altro lato non vi sono altri testi, al di là di CTH 716, in cui Ištar di Ninive compare insieme a queste due divinità, o almeno insieme ad una di esse. L'unica eccezione è costituita da KBo 35.193 col. ds. 6', 12'(CTH 449.5), in cui Ištar compare insieme agli dei antichi, i quali vengono tra l'altro elencati per nome e non con la definizione generica di karuileš /karuiliyaš DINGIRMEŠ come, invece, avviene in CTH 716.114.

Datazione

I testimoni che ci sono pervenuti per questo rituale di evocazione coprono, da un punto di vista paleografico, un arco temporale che va dall'epoca medio-ittita fino alla tarda epoca imperiale, rivelando indubbiamente l'importanza di questa tipologia di rituali15.

1.A. (KUB 15.35 + KBo 2.9) insieme a 1.C (KBo 2.36) è il testimone più tardo e presenta un tipico ductus NH e può essere tendenzialmente datato come IIIc. Tipicamente IIIc sono ḪA che presenta un solo cuneo aperto (Ro I 17), URU con il cuneo orizzontale centrale molto più avanzato (Ro I 20, 25, 26, passim), e ancora AR (Ro I 38), GIM (Ro I 67), IK (Ro I 66, Vo IV 39) e, infine, EL con i due orizzontali allungati e i tre verticali di dimensioni ridotte (Ro I 58). Si noti che il segno LI presenta sempre la forma più tarda tranne che in due soli casi (Ro I 23, 24), mentre DA presenta alternativamente la forma IIIc con i tre orizzontali continui (Ro I 52, Vo IV 7, 30) e quella più recente con il doppio orizzontale centrale (Ro I 55, 56, 58, 60, 66, Vo IV 4, 9, passim)16. Lo stesso vale per AL che alterna la forma più tarda conn il cuneo obliquo al centro dei due orizzontali (Ro I 31, 36, Vo IV 5, 24) a quella più arcaica (Ro I 54, Vo IV 25). Unica eccezione è costituita dal segno Á che presenta sempre la forma con il doppio cuneo orizzontale non attestata in copie databili come IIIc.

Da segnalare, infine, le grafie kiš-an (Ro I 23, Vo IV 19), URUḪat-ti (Ro I 50), SÙD-an-zi (Ro I 22, Vo IV 12, 19), BAL-an-ti (Vo IV 7, 8) e GAR-ri (Vo IV 27), che sono tutte tipiche della fase tardo-imperiale.

Alla luce di tutto ciò, se da un lato la maggior parte degli elementi a nostra disposizione fanno certamente propondere per una datazione IIIc, dall'altro lato vi sono alcuni dati che, seppur numericamente inferiori, tendono a mettere parzialmente in dubbio questa datazione, ragion per cui sembra più opportuno datare il manoscritto 1.A come IIIb/IIIc.

1.B. (Bo 6885 + KBo 35.170) presenta un tipico ductus NH, databile come IIIa, come dimostrano senza dubbio i segni ḪA, AL, URU, Á, TA e LI.

1.C. (KBo 2.36 +? KBo 44.193) si tratta di una testimone paleograficamente molto vicino a 1.A. Purtroppo l'eseguità delle dimensioni dei due frammenti non consente considerazioni troppo dettagliate, tuttavia è innegabile la presenza di forme IIIc come URU (Ro I 4', 5', 6', passim), Á che presenta i tre orizzontali singoli (Ro I 7', 10'), rivelando da questo punto di vista maggior recenziorità rispetto a 1.A., oppure ḪA con un solo cuneo aperto (Ro I 13', 15', Vo IV 5'). Da notare che in KBo 2.36 AZ presenta la forma più arcaica, senza cioè lo za sottocritto17.

1.D. (KBo 21.48) rivela un tipico ductus MH ed è databile come IIb, in virtù anzitutto della presenza delle legature A+NA (cfr. Ro 2', 11', 13', Vo 6') e kat+ta (Ro 12')18, oltre che dei segni DA e IT con i cunei orizzontali scalati (cfr. rispettivamente Ro 3' e Ro 14'), di AR con il cuneo orizzontale continuo (Ro 5') e di ḪA con i due cunei aperti spostati in basso (Ro 2', 5', 8', 11', ecc.). La presenza di AZ con za sottoscritto (Ro 4') non pone problemi, dal momento che il segno in questa forma è attestato a partire proprio dal periodo IIb, quando si possono trovare le due diverse forme (con e senza za sottoscritto) che coesistono all'interno di uno stesso testo19. Altre caratteristiche tipicamente MH sono, infine, la grafia fonetica a-ap-pa (Ro 9'; cfr. però EGIR-an in Ro 7') contro EGIR-pa di A. e la scriptio plaena dam-mi-iš-ḫa-a-an (Ro 10', 11') contro dam-meš-ḫa-an di A.

1.E. (KBo 39.170), si tratta di un frammento molto piccolo, per cui gli elementi paleografici utili alla datazione non sono molti. Ad ogni modo il testimone presenta forme NH, databili a una fase IIIa, come dimostrano Á, che presenta un allineamento quasi perfetto fra i tre orizzontali (Vo 6'); KI con i tre orizzontali allineati (Vo 6'); ŠA con il cuneo verticale che incrocia l'orizzontale superiore (Vo 4', 6', 8'). Si noti, inoltre, come, i segni KA e A in ka-a-ša (Vo 7') siano quasi in legatura20.

© Universität Mainz – DPHT – Rituale / Institut für Ägyptologie und Altorientalistik

1

Il join, per il quale cfr. Collins 1997, 164, viene escluso in Otten – Rüster 2003, S. VI “nach Überprüfung an den Originalen kein Anschluß an Bo 34 = KBo II 36 möglich”. Del resto i due frammenti dall'altro si differenziano per il fatto che il segno AZ in KBo 44.193 presenta la forma recente con il segno ZA sottoscritto, mentre in KBo 2.36 è attestata la forma arcaica di AZ, senza lo ZA sottoscritto. Occorre comunque tenere presente che all'esame della foto, i due frammenti da un lato corrispondono tra loro per forma e dimensioni, (ringrazio il Dr. Silvin Kosak per aver gentilmente controllato le foto dei due frammenti nell'archivio dell'Accademia di Mainz).

2

Cfr. Ehelolf 1937, 68: “. . . ist 660/f ein stark gekürztes Duplikat zu Bo 12 = KBo II 9”. In realtà non si tratta di una versione abbreviata, ma piuttosto di una versione su un'unica colonna, che presenta perciò righe molto più lunghe rispetto agli altri testimoni.

3

Laroche definiva erroneamente CTH 716 come “Feste pour Ištar du Ninive”.

4

Le colonne II e III pur presenti in due dei cinque testimoni, conservano soltanto pochi segni che non consentono un'interpretazione e una valutazione adeguate.

5

Successivamente le due liste divergono almeno in parte, anche se ciò nulla toglie all'evidenza del parallelismo fra i due rituali.

6

Questi due rituali grazie al loro stato di conservazione decisamente migliore, conservano le procedure rituali relativi anche agli altri luoghi di evocazione.

7

Dei tre Ritualtermini, i primi due si trovano attestati spesso all'interno dello stesso contesto, per cui cfr. i passi registrati in Haas – Wilhelm 1974, 117-118 e Haas 1998, passim; unalzi- oltre che in KBo 2.9+ Vo IV 25, è attestato solo in KUB 15.31+ Vo III 4, 32 e in KBo 46.79 Ro I 9'.

8

Formule di augurio con termini simili si ritrovano anche nei rituali legati ai testi mitologici, come per esempio il rituale per il dio della Tempesta di Kuliwišna (KUB 33.62 Ro II 7-10, KBo 15.33 Ro I 17-19) oppure il rituale per la scomparsa di Telipinu (cfr. KUB 33.24 Ro I 21, II 10, Vo IV 22), oltre che in alcuni frammenti che possono essere ragionevolmente assegnati a rituali di evocazione (v. per es. KBo 9.102 Vo 1' sgg.; KUB 46.55 Ro 7' sgg.). Formule analoghe, ma di estensione più ridotta, si ritrovano anche nella composizione nota come “Benedizioni per il Labarna“ (CTH 820, per cui cfr. KUB 43.23 Vo 15-19) e in alcune preghiere. Interessante, infine, la presenza di una formula di augurio all'interno di un documento epistolare proveniente da Maşat Höyük/Tapikka (cfr. HKM 81, Ro 9-13), a dimostrazione del fatto che questa terminologia, già nella fase finale del periodo medio-ittita, era entrata a far parte del linguaggio comune.

9

In questo secondo testo il ḪAL concelebra insieme ad un AZU.

10

Cfr. sull'argomento Wegner 1981, 155-156.

11

Cfr. 1.A. Ro I 45 e Vo IV 39 in contesto, in quest'ultimo caso, lacunoso.

12

Cfr. 1.A Ro I 45.

13

Si tratta, ad oggi modo, di un'allusione al fatto che Ištar possa trovarsi agli inferi, classica dimora di queste due divinità.

14

Cfr. anche il duplicato KUB 39.100 5'-9' = KBo 35.193 col. ds. 2'-9. Sugli dei antichi nei testi ittiti cfr. Archi 1990, 114-129.

15

Non è certamente un caso che analogalmente anche per CTH 483 e CTH 484, si hanno testimoni che da un punto di vista paleografico, vanno dal periodo medio-ittita fino alla tarda fase imperiale.

16

È superfluo notare che la tipica forma MH con i tre orizzontali scalati non compare mai.

17

Cfr. le osservazioni alla n.1.

18

Sulle legature A+NA, kat+ta e -ra+an come elemento di datazione cfr. da ultimo le considerazioni in Miller 2004, 40 con n. 73.

19

La mancanza del segno za sottoscritto può essere un termine ante quem per una datazione a una fase IIa o anche ␣␣precedente.

20

Volendo tentare una datazione più accurata, non si può del tutto escludere che il frammento possa essere assegnato a una fase IIc/IIIa (cioè pre-NH); tuttavia le sue ridotte dimensioni e la mancanza, perciò, di elementi ulteriori non consentono un giudizio più preciso.


Editio ultima: 2012-03-05






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