index introductio imagines || partitura exemplar translatio | bibliographia e-mail |
Citatio: F. Fuscagni (ed.), hethiter.net/: CTH 716.1 (INTR 2012-03-05)
Rituale di evocazione per Ištar di Ninive celebrato dal LÚḪAL insieme ai LÚ.MEŠNAR (CTH 716.1)
Bibliografia Sommer 1921, 85-102; Friedrich 1925, 21-22; Archi 1977, 298-304; Wegner 1981, 11, 52, 59, 155-156; Collins 1997, 164-165; Ofitsch 2001, 480-481. Contenuto Questo rituale è stato edito per la prima volta in Sommer 1921, 85-102, per poi essere riproposto in traduzione, pochi anni dopo e con diverse migliorie, in Friedrich 1925, 21-22. Successivamente Archi 1977, 298-304 ha fornito traduzione e traslitterazione di A. Ro I 47-67, con un esteso commento in cui vengono analizzati nel dettaglio i legami e i parallelismi con la tradizione letteraria mesopotamica contenuti nel passo in questione. Una recente traduzione dell'intero rituale (senza però alcun commento nè traslitterazione) è, infine, contenuta in Collins 1997, 164-165. Il testo è un rituale di evocazione per Ištar di Ninive3, che presenta notevoli analogie formali e contenutistiche sia con CTH 484 sia, e soprattutto, con CTH 483. Purtroppo il pessimo stato di conservazione del rituale, per cui sono preservate in modo apprezzabile soltanto la prima e la quarta colonna4, non permette una valutazione globale dettagliata, anche se gli elementi caratteristici che accomunano CTH 716 a CTH 483 e CTH 484 sono comunque evidenziabili. A tal proposito si osservi come le procedure rituali siano per lo più le stesse: sorprendente è soprattutto la presenza della lunga lista di paesi da cui la dea viene evocata (A. Ro I 25 sgg.), che almeno nella prima metà è un duplicato pressochè esatto dell'analoga lista di paesi contenuta in CTH 4835. Occorre comunque osservare che in CTH 716 la sezione relativa alla preparazione della materia magica, che precede la preghiera di invocazione, appare un po' più concisa, in quanto copre soltanto 22 righe contro le 39 di CTH 483 e le 35 di CTH 484. Si tenga, inoltre, presente che nella quarta colonna è conservata la parte finale dell'evocazione dalle sorgenti (A. Vo IV 1-10); sono, invece, conservate per intero l'evocazione dalla terra (A. Vo IV 11-18) e l'evocazione dal fuoco (A. Vo IV 19-21); si tratta in tutti e tre i casi di luoghi di evocazione già presenti in CTH 483 e in CTH 4846, anche se le procedure riportate presentano alcune varianti, dovute anzitutto al fatto che CTH 716 si presenta, ancora una volta, molto più conciso rispetto agli altri due rituali. Sempre nella quarta colonna sono inoltre presenti alcuni dei cosidetti Ritualtermini (A. Vo IV 24-25 dove abbiamo ḫariya ḫuwalziya e unalziya), che rappresentano una caratteristica comune dei rituali di evocazione7. È molto probabile che nelle parti perdute del rituale comparissero altri Ritualtermini analogamente a quanto avviene per gli altri rituali di evocazione. Un ulteriore elemento di contatto con gli altri rituali di evocazione è infine rappresentato dalla presenza delle formule di augurio (cfr. A. Ro I 47-52, 61-62), pronunciate affinchè la divinità garantisca al re, alla regina e ai principi oltre che al paese di Hatti salute, benessere e prosperità. Si tratta di una serie di termini per lo più di difficile interpretazione, ma che rimandano comunque a un ambito luvio, i quali sono presenti in tutti i rituali di evocazione fin qui citati8. Il sacerdote addetto alla celebrazione del rituale è il LÚḪAL, cosa che non stupisce dal momento che esso compare in altri testi che hanno come protagonista Ištar di Ninive, come per esempio il grande rituale festivo CTH 712, oppure i frammenti di festa KUB 10.27 (CTH 714.2 = ChS I/3-1 Nr. 37) e KUB 10.63 (CTH 715)9. Da tenere in considerazione è anche la presenza dei LÚ.MEŠNAR (cfr. A. Ro I 16-18, Vo IV 29-30) che partecipano attivamente allo svolgimento del rituale che, come nel caso del LÚḪAL, sono presenza costante all'interno dei testi relativi al culto di Ištar10. Da mettere in evidenza è infine anche la presenza di altre due divinità all'interno del rituale, ovvero sia la Dea Sole della Terra (taknaš DUTU-uš) e gli dei antichi (karuiliyaš DINGIRMEŠ)11. Particolarmente interessante è, a tal proposito il passo in cui si ipotizza che Ištar di Ninive possa trovarsi insieme alla Dea Sole della Terra e agli dei antichi12, a volere sottolineare un legame tra le divinità13. Tuttavia, se da un lato la Dea Sole della Terra e gli dei antichi vengono spesso citati insieme, in quanto si tratta in entrambi i casi di divinità ctonie, dall'altro lato non vi sono altri testi, al di là di CTH 716, in cui Ištar di Ninive compare insieme a queste due divinità, o almeno insieme ad una di esse. L'unica eccezione è costituita da KBo 35.193 col. ds. 6', 12'(CTH 449.5), in cui Ištar compare insieme agli dei antichi, i quali vengono tra l'altro elencati per nome e non con la definizione generica di karuileš /karuiliyaš DINGIRMEŠ come, invece, avviene in CTH 716.114. Datazione I testimoni che ci sono pervenuti per questo rituale di evocazione coprono, da un punto di vista paleografico, un arco temporale che va dall'epoca medio-ittita fino alla tarda epoca imperiale, rivelando indubbiamente l'importanza di questa tipologia di rituali15. 1.A. (KUB 15.35 + KBo 2.9) insieme a 1.C (KBo 2.36) è il testimone più tardo e presenta un tipico ductus NH e può essere tendenzialmente datato come IIIc. Tipicamente IIIc sono ḪA che presenta un solo cuneo aperto (Ro I 17), URU con il cuneo orizzontale centrale molto più avanzato (Ro I 20, 25, 26, passim), e ancora AR (Ro I 38), GIM (Ro I 67), IK (Ro I 66, Vo IV 39) e, infine, EL con i due orizzontali allungati e i tre verticali di dimensioni ridotte (Ro I 58). Si noti che il segno LI presenta sempre la forma più tarda tranne che in due soli casi (Ro I 23, 24), mentre DA presenta alternativamente la forma IIIc con i tre orizzontali continui (Ro I 52, Vo IV 7, 30) e quella più recente con il doppio orizzontale centrale (Ro I 55, 56, 58, 60, 66, Vo IV 4, 9, passim)16. Lo stesso vale per AL che alterna la forma più tarda conn il cuneo obliquo al centro dei due orizzontali (Ro I 31, 36, Vo IV 5, 24) a quella più arcaica (Ro I 54, Vo IV 25). Unica eccezione è costituita dal segno Á che presenta sempre la forma con il doppio cuneo orizzontale non attestata in copie databili come IIIc. Da segnalare, infine, le grafie kiš-an (Ro I 23, Vo IV 19), URUḪat-ti (Ro I 50), SÙD-an-zi (Ro I 22, Vo IV 12, 19), BAL-an-ti (Vo IV 7, 8) e GAR-ri (Vo IV 27), che sono tutte tipiche della fase tardo-imperiale. Alla luce di tutto ciò, se da un lato la maggior parte degli elementi a nostra disposizione fanno certamente propondere per una datazione IIIc, dall'altro lato vi sono alcuni dati che, seppur numericamente inferiori, tendono a mettere parzialmente in dubbio questa datazione, ragion per cui sembra più opportuno datare il manoscritto 1.A come IIIb/IIIc. 1.B. (Bo 6885 + KBo 35.170) presenta un tipico ductus NH, databile come IIIa, come dimostrano senza dubbio i segni ḪA, AL, URU, Á, TA e LI. 1.C. (KBo 2.36 +? KBo 44.193) si tratta di una testimone paleograficamente molto vicino a 1.A. Purtroppo l'eseguità delle dimensioni dei due frammenti non consente considerazioni troppo dettagliate, tuttavia è innegabile la presenza di forme IIIc come URU (Ro I 4', 5', 6', passim), Á che presenta i tre orizzontali singoli (Ro I 7', 10'), rivelando da questo punto di vista maggior recenziorità rispetto a 1.A., oppure ḪA con un solo cuneo aperto (Ro I 13', 15', Vo IV 5'). Da notare che in KBo 2.36 AZ presenta la forma più arcaica, senza cioè lo za sottocritto17. 1.D. (KBo 21.48) rivela un tipico ductus MH ed è databile come IIb, in virtù anzitutto della presenza delle legature A+NA (cfr. Ro 2', 11', 13', Vo 6') e kat+ta (Ro 12')18, oltre che dei segni DA e IT con i cunei orizzontali scalati (cfr. rispettivamente Ro 3' e Ro 14'), di AR con il cuneo orizzontale continuo (Ro 5') e di ḪA con i due cunei aperti spostati in basso (Ro 2', 5', 8', 11', ecc.). La presenza di AZ con za sottoscritto (Ro 4') non pone problemi, dal momento che il segno in questa forma è attestato a partire proprio dal periodo IIb, quando si possono trovare le due diverse forme (con e senza za sottoscritto) che coesistono all'interno di uno stesso testo19. Altre caratteristiche tipicamente MH sono, infine, la grafia fonetica a-ap-pa (Ro 9'; cfr. però EGIR-an in Ro 7') contro EGIR-pa di A. e la scriptio plaena dam-mi-iš-ḫa-a-an (Ro 10', 11') contro dam-meš-ḫa-an di A. 1.E. (KBo 39.170), si tratta di un frammento molto piccolo, per cui gli elementi paleografici utili alla datazione non sono molti. Ad ogni modo il testimone presenta forme NH, databili a una fase IIIa, come dimostrano Á, che presenta un allineamento quasi perfetto fra i tre orizzontali (Vo 6'); KI con i tre orizzontali allineati (Vo 6'); ŠA con il cuneo verticale che incrocia l'orizzontale superiore (Vo 4', 6', 8'). Si noti, inoltre, come, i segni KA e A in ka-a-ša (Vo 7') siano quasi in legatura20. © Universität Mainz – DPHT – Rituale / Institut für Ägyptologie und Altorientalistik |
||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
|