Citatio: G. Torri, A. Carnevale & L. Warbinek, hethiter.net/: CHiL (27-10-2025)
L’obiettivo del Progetto è fornire una rinnovata edizione digitale dei diversi manoscritti facenti parte del corpus delle cosiddette Leggi Ittite (CTH 291 e CTH 292), i cui esemplari più antichi sono databili a partire dal XVI secolo a.C.
Il corpus delle leggi ittite si divide in due serie, distinte e distinguibili sulla base dei rispettivi colofoni che riportano come titolo le espressioni takku LÚ-aš (“Se un uomo,” CTH 291) e takku GIŠGEŠTIN-aš (“Se una vite,” CTH 292), espressioni queste corrispondenti alla formula di apertura della prima riga delle rispettive tavolette (Waal W. 2015a, 258-261). Le leggi sono strutturate infatti attraverso una serie di paragrafi, ognuno composto da una protasi, che riporta il caso giuridico, e da un'apodosi, che contiene la pena o l'ammenda. La prima serie (CTH 291) è conservata in una cinquantina di frammenti cuneiformi, mentre la seconda (CTH 292) in 66, per un totale di oltre 200 leggi riportate. Entrambe le serie sono state tramandate attraverso numerosi manoscritti, sia su un'unica tavola che su due tavole; un'etichetta lenticolare, ABoT 1.52, conserva la menzione della prima serie conservata su tre tavole. Negli studi correnti le due serie vengono considerate come parti dello stesso corpus, laddove la seconda potrebbe rappresentare la continuazione della prima. In questo caso ABoT 1.52 potrebbe contenere l'indicazione della prima riga di tutte le circa 200 leggi conservate in CTH 291 e CTH 292. Tuttavia, sebbene entrambe le serie siano strutturate secondo lo schema protasi/apodosi, mancano ad oggi studi sul comune contesto in cui il corpus è stato elaborato, trasmesso e come abbia preso forma nel corso del tempo.
La sintassi delle leggi è caratterizzata dall'uso del periodo ipotetico per ogni caso preso in esame: alla specifica protasi iniziale, introdotta da takku “se”, segue nell'apodosi la relativa pena o sanzione. Questo tipo di formulazione non è una prerogativa originale del testo ittita, ma è anzi una struttura sintattica ampiamente attestata nei codici di leggi dell’Asia occidentale antica, dal Codice di Hammurabi al Deuteronomio. Lo scopo di questa formulazione è chiaramente quello di coprire tutti i casi giuridici, o almeno la maggior parte di essi, attraverso l’uso crescente di sequenze ipotetiche. Con ogni probabilità, il corpus di leggi ittite tramanda un precedente uso consuetudinario della società che si vuole disciplinare attraverso precise norme e punizioni.
Le tavolette sono databili dal periodo antico-ittita a quello tardo e conservano pertanto variazioni e differenze sia contenutistiche che linguistiche-grammaticali. Già la più antica versione in nostro possesso fa riferimento a una fase giuridica precedente le cui modifiche (o persino “riforme”) sono enfatizzate dagli stessi Ittiti attraverso le formule karū “prima, in precedenza” e kinun=a “ma ora”. In questi casi le relative ammende, espresse in misure di peso in argento (sicli o mine), sono ridotte (spesso dimezzate), mentre le pene capitali sono gradualmente sostituite da severe punizioni e risarcimenti. È stato osservato che questi cambiamenti –e l’enfasi che gli Ittiti stessi ne danno– riflettono non solo un desiderio di ostentare pietà, ma soprattutto la necessità di non privare o menomare la comunità della sua forza lavoro.
Chi sia l’autore della promulgazione e delle relative modifiche delle leggi ittite non è esplicitamente indicato nelle tavolette a nostra disposizione, che mancano in tutti i manoscritti conservati di incipit e si aprono direttamente con la prima legge. Il colofone del testo KBo 6.6, appartenente a CTH 291, fa riferimento al “Padre della Maestà”: “Seconda tavola, finita. 'Se un uomo', del Padre della Maestà (ŠA ABI dUTU-ŠI)”, rievocando la struttura dei colofoni dei testi annalistici (Waal W. 2015a, 215-219) in cui il nome del sovrano a cui è attribuita la paternità del documento è espresso al genitivo. Sebbene infatti alcune sezioni attribuiscano autorità legale al sovrano e al padre del re per specifiche controversie, non emerge mai chiaramente a chi spetti l'amministrazione della giustizia, probabilmente demandata a istituzioni locali (per es., il consiglio degli anziani LÚ.MEŠŠU.GI, HL 71).
Da un punto di vista sociale le leggi ittite forniscono interessanti spunti di indagine a partire dalla differenza tra uomini e donne “non liberi/e” (sumerico ARAD/GÉME) e “liberi/e” (sostantivo ittita arawa-, aggettivo arawanni-, HW2 I/A, 251-258). Questi ultimi sono identificati nelle leggi attraverso l’accadico ELLU(M)/ELLETU, termine il cui significato primo di “puro” nel contesto mesopotamico assume nella documentazione ittita questa valenza legale e sociale di “libero” (AHW I 204, 205; CAD E, 102-105). Sebbene questa differenziazione “libero/non libero” emerga chiaramente, non sembra essere affatto monolitica: si riconoscono casi di mobilità sociale, per lo più verso il basso, che pongono la questione se le persone “non libere” siano da considerarsi letteralmente “schiave” o “serve”, oppure più semplicemente come appartenenti ad un livello più basso della scala sociale rispetto alle persone pienamente “libere”. Non da ultimo, le leggi ittite disciplinano in maniera precisa tutte quelle norme dei moderni codici civili riguardanti il matrimonio, il divorzio, la dote e le relative proprietà, ivi inclusi i figli. Infine, nonostante le leggi presuppongano una preminenza del genere maschile, le donne non solo vengono opportunamente citate e considerate (cosa non ovvia nelle società antiche), ma vantano tutta una serie di garanzie e diritti sanciti dalle leggi stesse.
L’editio princeps delle Leggi Ittite è più che centenaria (B. Hrozný, Code Hittite provenant de l'Asie Mineure (vers 1350 av.J.-C.) 1re partie: transcription, traduction française, Paris 1922), mentre edizioni successive a quella apparvero solo nel Secondo dopoguerra. Nel 1951 E. Neufeld (The Hittite Laws, London) fornì una nuova traduzione delle Leggi, sia in inglese che in ebraico, mentre la prima edizione critica in tedesco si deve a J. Friedrich nel 1959 (Die hethitischen Gesetze. Transkription, Übersetzung, sprachliche Erläuterungen und vollständinges Wörterverzeichnis, DMOA 7, Leiden). Alcuni anni dopo, F. Imparati (Le leggi ittite. Con prefazione di Pugliese Carratelli G., Roma 1964) pubblicò una nuova edizione in italiano, mentre R. Haase (Die Fragmente der hethitischen Gesetze. Transkribiert und nach Paragraphen geordnet, Wiesbaden 1968) si dedicò alla riorganizzazione dei testi sulla base dei frammenti di più recente scoperta e all’interpretazione giuridica delle Leggi. Tra gli anni ’70 e ’90 del secolo scorso un numero considerevole di contributi di illustri studiosi, tra i quali va ricordato in particolare H.G. Güterbock, ha portato l’attenzione su aspetti singoli o specifici delle Leggi, da un punto di vista ora sociale, ora economico, ora linguistico. Nel 1997 apparve infine The Laws of the Hittites di H.A. Hoffner Jr., un considerevole lavoro di edizione critica delle Leggi che raccolse, aggiornò e completò tutti gli avanzamenti della ricerca in questo campo.
Il progetto Corpus of Hittite Laws (CHiL) ambisce a fornire una rinnovata edizione critica delle Leggi Ittite (CTH 291 e 292), completa di commento filologico e analisi storica, i cui risultati saranno disponibili online attraverso il portale Hethitologie-Portal Mainz (HPM).
Uno degli obiettivi fondamentali è produrre l’edizione digitale dettagliata dei vari manoscritti, il cui confronto immediato sarà visibile nella pagina della comparatio. Un altro scopo importante è fornire con questa edizione una solida base per gli studi lessicali e tematici delle Leggi. Nonostante il valore scientifico delle edizioni sopracitate e di altri contributi precedenti, molte questioni rimangono irrisolte, in particolare per quanto riguarda il significato di alcuni termini tecnici relativi a ruoli e obblighi di categorie sociali facenti parte del mondo ittita della tarda Età del Bronzo. Tali incertezze si riflettono nel vocabolario tecnico che spesso non trova paralleli puntuali all’interno degli altri testi ittiti. Consci di questa e altre difficoltà, abbiamo deciso di produrre la traduzione delle Leggi in italiano sulla base delle seguenti ragioni. In primo luogo, per la consapevolezza che la traduzione di molti casi giuridici richiede una profonda conoscenza del lessico tecnico capace di sottolineare diverse sfumature di significato. In secondo luogo, per l’agilità che solo la lingua madre può fornire ad un simile lavoro di traduzione. E infine, per il piacere e l’onore di portare avanti la tradizione di Fiorella Imparati a 60 anni dalla sua edizione fiorentina.
Per la presente edizioni delle leggi ittite si è scelto di adottare una prassi minimalista nei confronti delle lacune del testo e delle relative integrazioni con l'obiettivo di rimanere il più possibile fedeli al testo conservato. Sono state pertanto accantonate le abbondanti integrazioni tra parentesi quadre frutto della tradizione degli studi, a favore di una rinnovata lealtà alle tavolette cuneiformi. Questa scelta editoriale è stata incoraggiata e facilitata dagli strumenti a disposizione per l'edizione critica online: la Comparatio delle versioni, così come la Partitura di ciascuna versione con i suoi manoscritti, permettono allo studioso di notare le lacune esistenti tra i testi conservati e dedurre le possibili integrazioni.
\ La linea editoriale di fedeltà al testo scritto è stata il più possibile osservata anche nella traduzione. In particolare, la traduzione scelta per un termine è stata mantenuta in maniera omogenea lungo tutto il CTH 291, versione dopo versione, specificando in nota eventuali sfumature di significato. Per questo motivo si è spesso preferito il primo e più generale significato per coprire tutte le eccezioni quel termine potesse assumere in quella o altre leggi. Ecco, per esempio, alcuni casi specicifi:
ARAD/GÉME: “servo” —— laddove il significato letterale di “schiavo” ci sembra troppo stringente per il ruolo sociale ricoperto probabilmente nelle leggi da queste figure di più basso rango sociale.
A.ŠÀ(ḪI.A): “campo” —— pur sapendo che in alcuni casi possa valere “proprietà agricola”. La questione è collegata alla presenza o meno del determinativo pluarale secondo un uso discontinuo che spinge per un'interpretazione in senso collettivo del termine, anche alla luce delle forme verbali alla III persona singolare.
É: “casa” or “proprietà” —— anche se in alcune situazioni specifiche può assumere il valore di “famiglia” o “proprietà famigliari”.
URU: “città” —— pur sapendo che spesso le leggi si riferiscono con ogni probabilità a comunità agricole strutturate a villaggio o insediamenti locali di diversa natura.
Giulia Torri
Livio Warbinek
Antonio Carnevale
Thesaurus Linguarum Hethaeorum digitalis (TLHdig)
The Corpus of Hittite Festival Rituals (supporto tecnico e sviluppo digitale)
Marta Pallavidini (Frei Universität Berlin)
Marco Ammazzini, Michelangelo Donnini, Martina Incani, studenti di Ittitologia (Università di Firenze, anni accademici 2023/2024 e 2024/2025); dott.ssa Mariateresa Albanese
Questo Progetto è uno spin-off di SoRMHA, acronimo per “Supply of Resources and their Management in Hittite Anatolia” (CUP B53D23031000001) finanziato all'interno del Bando PRIN PNRR 2022 (MUR, D.D. n.1409, 14/09/2022) nell'ambito del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, Missione 4 —Componente 2, Dalla Ricerca all'Impresa— Investimento 1.1 “Fondo per il Programma Nazionale della Ricerca (PNR) e Progetti di Ricerca di Rilevante Interessa Nazionale (PRIN)”, finanziato dall'Unione Europea, NextGenerationEU, e condotto presso l'Università degli Studi di Firenze.